1. UNA COMUNIONE PUÒ VENDERE I BENI COMUNI?
Nel caso in cui si reputi opportuno o necessario vendere i beni comuni a terzi, oppure si voglia sottrarli all’utilizzo esclusivo in favore dei soci, l’articolo 1108 comma 3 c.c. – Innovazioni e altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione – prevede che: “E’ necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune”.
Gli atti di autonoma disposizione della cosa comune sono consentiti all’unanimità perché incidono sui diritti individuali dei compartecipi; è dunque necessaria l’unanimità dei consensi dei partecipanti, espressa in sede assembleare o anche al di fuori, perché sia possibile procedere a un atto di alienazione della cosa comune. In virtù dell’art. 1350 c.c., cui fa rinvio implicito l’art. 1108 c.c., gli atti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono farsi per iscritto, tramite atto pubblico o scrittura privata, a pena di nullità, pertanto, perché la vendita di quota della cosa comune da parte di tutti i partecipanti sia valida ed efficace è necessario che sia fatta con un unico contratto al quale partecipino tutti i comproprietari.
2. COME SI DIVENTA SOCI DI UNA COMUNIONE?
I modi di acquisto della proprietà, ossia dei fatti giuridici che hanno per effetto l’acquisto della proprietà di un bene sono tassativamente determinati dalla legge e possono distinguersi in “originari” e “derivativi”: tra i modi di acquisto a titolo derivativo della proprietà, si distinguono gli atti “inter vivos” o “mortis causa”. Nel primo caso “inter vivos” si tratta di contratti traslativi della proprietà (come ad esempio la compravendita), di donazioni o di trasferimenti coattivi (come ad esempio l’espropriazione). Nel secondo caso “mortis causa” si tratta di successione a causa di morte. Ciò premesso, occorre soffermarsi su come si diventa comproprietari della quota di beni comuni, secondo l’art. 1103 c.c. – Disposizione della quota – che recita: “Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota”. L’atto di alienazione di una quota della comunione immobiliare è soggetto alla forma scritta e alla trascrizione (anche se la mancata trascrizione non pregiudica il diritto dell’acquirente a partecipare alla gestione delle cose comuni) senza che sia necessaria alcuna preventiva deliberazione dell’assemblea dei comunisti.
3. QUALI SONO I REQUISITI DEL CONSENSO PER IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI?
Il GDPR 679/2016 prevede diverse basi giuridiche per il trattamento dei dati personali delle persone fisiche, una di queste è il consenso. Presupposto indefettibile è che il soggetto interessato dal trattamento dati abbia la capacità giuridica di prestare il consenso. Il consenso inoltre deve essere:
- inequivocabile: non deve necessariamente essere esplicito, può anche essere implicito, purché non sia tacito e non vi sia dubbio che con il proprio comportamento l’interessato abbia voluto comunicare il proprio consenso;
- libero: l’interessato deve poter prestare liberamente il proprio consenso, operando una scelta effettiva, senza intimidazioni o raggiri e senza che il mancato conferimento del consenso comporti per lui conseguenze negative;
- specifico: il consenso va prestato in relazione alla finalità del trattamento, qualora esso abbia più finalità il consenso va prestato per ogni finalità;
- informato: l’interessato deve essere informato circa i dati trattati, le modalità e le finalità del trattamento, le conseguenze del consenso e i diritti che la legge gli attribuisce. Tale requisito è adempiuto attraverso l’informativa, che richiede un linguaggio semplice, comprensibile e chiaro. Tale obbligo va adempiuto prima o al massimo al momento di dare avvio alla raccolta dei dati;
- verificabile: perché sia verificabile il consenso non deve necessariamente essere prestato per iscritto, ma l’azienda deve essere in grado di dimostrare che l’interessato lo ha conferito con riferimento a quello specifico trattamento;
- revocabile: l’interessato ha il diritto di revocare il proprio consenso in qualsiasi momento. In ogni caso la revoca non pregiudica la liceità del trattamento, basato sul consenso, anteriore alla stessa. Il consenso deve essere revocabile con la stessa facilità con cui è stato prestato. Con la revoca si innesca il diritto alla cancellazione dei dati, l’azienda dovrà quindi cancellare i dati dell’utente.
4. QUALI SONO I PRESUPPOSTI DELLA RESPONSABILITÀ DA COSE IN CUSTODIA EX ART. 2051 C.C.?
Secondo l’orientamento più volte confermato della Suprema Corte la responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. sussiste qualora ricorrano due presupposti: un’alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determina la configurazione nel caso concreto della cd. insidia o trabocchetto, e l’imprevedibilità e invisibilità di tale alterazione per il soggetto che, in conseguenza di questa situazione di pericolo, subisce un danno. La natura della responsabilità ex art. 2051 c.c., però “non esonera l’utente della cosa e in generale il danneggiato dal generale obbligo di prudenza e diligenza. La colpa della vittima può infatti integrare il caso fortuito che costituisce il limite della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c.”
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